LA SCIENZA ALLA RICERCA DELL’IMPRONTA DEL “TERROIR”

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Come essere certi dell’origine autentica di un vino? L’analisi del contenuto di “metalli rari” è una tecnica promettente: l’esperienza piemontese.

Il Dipartimento di Ingegneria del Territorio, dell’Ambiente e delle Geotecnologie (DITAG) del Politecnico di Torino e l’Istituto delle Piante da Legno e l’Ambiente (IPLA) stanno svolgendo degli studi finalizzati a caratterizzare alcuni prodotti tipici del territorio regionale piemontese. Nello specifico la ricerca si sta occupando di una delle più prestigiose produzioni dell’agricoltura del Piemonte: il vino.
Lo scopo della ricerca è quello di trovare elementi che possano correlare il vino con la propria area di produzione specifica. Tale aspetto è importante per migliorare la tracciabilità del prodotto finale onde permettere ai consumatori di riconoscere il bene acquistato e ai produttori di garantire il proprio prodotto.
La ricerca in atto prende in considerazione alcuni elementi chimici naturali definiti terre rare o lantanidi. Tale scelta è dettata dal fatto che questi elementi hanno ancora un limitatissimo uso antropico e pertanto potrebbero rivestire il ruolo di ‘markers’ ideali.
Come prima fase si è individuato un vitigno tipico e di riconosciuto pregio che fosse coltivato in diverse aree del Piemonte, ben differenziate dal punto di vista climatico e geopedologico.
Si è pertanto scelto il vitigno Nebbiolo coltivato per la produzione di vini DOCG nelle aree di Barolo e Ghemme e di vini DOC nell’area di S. Giorgio Canavese.
Queste tre zone sono caratterizzate da climi con regimi pluviometrici e termometrici diversi, come pure da suol geneticamente e geologicamente differenti.
L’influsso delle variabili ambientali riveste un ruolo importante e influisce sulle proprietà organolettiche del vino, come già dimostrato in diverse ricerche (vedi: BAROLO, Studio per la Caratterizzazione del Territorio, delle Uve e dei Vini dell’Area di Produzione, suppl. al n.24 di “Quaderni della regione Piemonte – Agricoltura, novembre 2000; BARBERA, Studio per la Caratterizzazione del Territorio, delle Uve e dei Vini dell’Area di Produzione, suppl. al n.26 di “Quaderni della regione Piemonte – Agricoltura, maggio 2001).
I profili di suolo rappresentativi delle tre zone prescelte, con tutti i loro dati di analisi e con i bilanci idrologici, sono stati il punto di partenza per il lavoro svolto. Nelle foto 1 e 2 si riporta l’esempio del paesaggio e della tipologia pedologica tipici dell’area di Barolo.

Foto 1 – Vigneto nella zona di Barolo
Foto 2 – Tipologia pedologica tipica dell’area di Barolo
È quindi

È quindi attraverso il passaggio dalla matrice suolo alla matrice uva e poi infine al vino che si seleziona un’impronta ‘genetica’ dei lantanidi che può essere riconosciuta e decodificata.
Su ognuna di tali matrici è stato determinato il contenuto di lantanidi e di metalli pesanti.
Osservando la figura 1 (a sinistra) è possibile sottolineare una chiara distinzione della concentrazione di lantanidi determinati nei vini delle 3 Tenute.
Le linee blu, caratterizzanti il vino della Tenuta Cavallotto, mantengono lo stesso andamento per tutte le annate considerate (2008, 2009, 2010). L’andamento caratterizzante il vino della Tenuta Cantalupo è raffigurato dalle linee verdi, che definiscono la concentrazione di lantanidi nelle due annate esaminate (2009, 2010). La concentrazione di lantanidi nel vino della Tenuta FonteCuore, rappresentata con la linea rossa, fornisce un trend differente dalle altre.
Confrontando le concentrazioni di lantanidi che caratterizzano ciascun vino è possibile, quindi, affermare che la presenza e la concentrazione di questi metalli può caratterizzare in modo assolutamente imparziale differenti vini prodotti dallo stesso vitigno in zone differenti.

Nella figura 1 (a destra) sono state confrontate le concentrazioni di lantanidi determinate nel suolo, nella buccia, nel succo e nel vino della Tenuta Cavallotto al fine di conoscere la variazione di concentrazione in tutta la filiera.
La matrice suolo (linea rossa) è quella più ricca di lantanidi con un andamento che è del tutto simile a quello riscontrato nel succo e nelle bucce dell’uva (linee verdi) ivi coltivata con concentrazioni leggermente inferiori. Nel vino (linee blu) le concentrazioni di lantanidi sono decisamente più basse, come del resto è lecito attendersi, e mostrano un andamento del tutto speculare rispetto a quelli registrati per il suolo e l’uva. Tale fatto sembrerebbe essere legato alle pratiche di vinificazione adottate ma occorrono altri riscontri per giungere ad una spiegazione più esauriente analizzando altri siti di produzione di uva da vino.
Il suddetto gruppo di ricerca ha intenzione di sviluppare il progetto con la finalità di analizzare altri vitigni di particolare pregio. Questi primi risultati sono stati resi possibili grazie alla cortese disponibilità dei produttori e in particolare del Dott. Alfio Cavallotto della Tenuta Cavallotto di Castiglione Falletto (CN), del Dott. Alberto Arlunno della Tenuta Antichi Vitigni di Cantalupo di Ghemme (NO) e della Dott.ssa Maria Luisa Monticelli della Tenuta Fontecuore di S. Giorgio Canavese (TO).

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